IL “RISIKO” DELL’EUROPA ORIENTALE - Stella :)

 


Nelle ultime settimane, il sistema internazionale è stato interessato dal potenziale rischio del conflitto russo-ucraino. Siamo di fronte ad una questione di politica estera che interessa il Cremlino e che, pur se ha avuto inizio nel 2014, sta evolvendo verso una maggiore tensione, che ha destato preoccupazione nel resto del mondo.

Tuttavia, per poter comprendere le cause che hanno generato l’attuale situazione geo-politica, dobbiamo fare dei passi indietro e tornare all’”esplosione primordiale” da cui è scaturita la crisi .
Con la caduta del muro di Berlino (1989) e la successiva separazione di alcuni Paesi che erano parte dell’Unione Sovietica, la Russia ha sottovalutato l’ipotesi che le nuove formazioni indipendenti avrebbero potuto allontanarsi dalla sua sfera d’influenza e creare delle alleanze, addirittura sfavorevoli ad essa. Mentre la Bielorussia può essere considerata come un’estensione della Federazione (sia perché conserva lo stesso capo di Stato dalla caduta dell’URSS sia perché è il suo principale partner commerciale), l’Ucraina dopo il 1990 ha mirato ad un’autonomia governativa, obiettivo che, a sua volta, ha generato delle forti spinte divisive tra la parte filorussa e quella filoeuropea.
Nel 2014, dopo la rivoluzione ucraina terminata con le dimissioni dell’allora presidente Viktor Janukovyč, la Russia, per tutelare i propri interessi militari, assalì la Crimea, regione dell’Ucraina che, pur essendosi dichiarata indipendente a seguito di un referendum, fu occupata: Sebastopoli, infatti, rappresentò una delle più importanti basi di controllo militare russo.
Ma se questo conflitto ha radici che rimandano a circa un decennio fa, come mai Putin ha agito solo adesso?
Dopo la disgregazione dell’URSS, le ex repubbliche sovietiche, con l’Accordo di Belaveža, formarono la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), da cui l’Ucraina uscì nel 2018. Come la Georgia, uscita dalla CSI nel 2009, anche l’Ucraina manifestò l’intenzione di essere inclusa nella NATO, l’alleanza atlantica guidata dagli USA.
Attualmente, l’area interessata presenta un equilibrio instabile, reso ancora più precario dalle problematiche connesse alla pandemia. Tuttavia, il cambio di presidenza negli USA ha determinato un nuovo approccio rispetto alla crisi in questione: gli Stati Uniti, infatti, sembrerebbero approcciarsi alle tensioni russo-ucraine in maniera maggiormente interventista.
Nel 2018, infatti, l’allora presidente Donald J. Trump, nonostante le numerose riserve che sono state avanzate sulla sua gestione del Paese, piuttosto antidemocratica, dal punto di vista della politica estera era riuscito a creare un clima di maggiore dialogo e distensione nelle relazioni con la Russia, stabilizzando, di fatto, anche la situazione in Ucraina.
Tuttavia, la spinta che, dal punto di vista degli equilibri geo-politici, ha favorito il dialogo tra le due storiche nemiche, è stata determinata probabilmente dal comune interesse ad ostacolare la formazione di un’Europa unita, quindi di un Macro-Stato, potenzialmente influente quanto le altre due superpotenze.
Con la presidenza Biden, invece, la politica estera statunitense ha valutato la possibilità di mettere in atto intenti più aggressivi nei confronti dei Russi. Lo stesso presidente USA ha bollato pubblicamente Putin con l’appellativo di “assassino”, riferendosi principalmente al caso di Aleskey Navalny, oppositore del presidente russo, avvelenato in circostanze sospette, che indurrebbero a ritenere proprio il presidente russo come “mandante”.

Ma cerchiamo di fare ordine, rispondendo ad una domanda che potremmo definire il “focus” della crisi: perché la Russia teme così tanto l’ingresso dell’Ucraina nella NATO?
L’Ucraina non è l’unica repubblica ex sovietica ad avere questa aspirazione; anche Estonia, Lettonia e Lituania sono passate dall’URSS alla NATO. L’Ucraina, però, oltre ad essere il secondo Paese più esteso in Europa, si trova in una posizione strategica soprattutto per gli sbocchi sul Mar Nero. Se l’adesione avvenisse, si verrebbe a determinare, lungo il confine russo, una pressione importante da parte dei Paesi NATO.
Con queste motivazioni, la Russia ha schierato un esercito al confine tra i due Stati, determinando il timore di un’invasione armata dell’Ucraina.
Di conseguenza, le recenti e fitte negoziazioni diplomatiche hanno avuto lo scopo di mantenere lo status quo e la strategia del dialogo distensivo tra i Paesi coinvolti, proprio per scongiurare qualsiasi azione armata.
Anche i Paesi europei, in più occasioni, si sono confrontati con figure politiche di riferimento della Federazione e con lo stesso presidente Putin (si pensi, ad esempio, al presidente francese Macron).
D’altra parte, non si può trascurare, oltre al pericolo della guerra, l’interesse economico: la Russia è, infatti, un Paese verso il quale arrivano dall’Europa molti prodotti di esportazione; nello stesso tempo, l’Europa si rifornisce di gas naturale proprio dalla Russia: un’eventuale interruzione dei rapporti commerciali causerebbe una grave crisi sia energetica che economica in tutta l’Europa. Infatti, Putin, a conferma di questi rischi, ha minacciato, se i suoi interessi non verranno soddisfatti, di bloccare le forniture di gas verso i Paesi europei.

Ma, per fare il punto della situazione, potremmo enumerare i possibili scenari futuri:

● Un accordo diplomatico manterrebbe lo status quo;
● L’Ucraina potrebbe entrare a far parte dell’Alleanza atlantica e causare un’eventuale azione militare da parte della Russia (da qui scaturirebbero sanzioni economiche e ritorsioni militari da parte dell’Occidente);
● La Russia potrebbe direttamente invadere l’Ucraina e scatenare la reazione degli USA e degli alleati.
Cosa aspettarsi se non una mediazione diplomatica che coinvolga gli interessi di tutti i Paesi e che sia tesa a stemperare tensioni e scongiurare il rischio della guerra?

Stella Di Iorio, 2D Liceo Scientifico “A. Romita”

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