Fumetti e fumettisti tra Bianco e Nero

 Pittura, scultura, letteratura e musica sono quelle arti che hanno favorito maggiormente l’espressione del genio dell’individuo. E dubbi, in tal senso, non ne abbiamo. Ma, in effetti, anche la storia del fumetto italiano è stata costellata dalla creatività, dalla ricerca e, nell’era della tecnologia, dalla digitalizzazione. Il tutto ha trovato frutti nella realizzazione di capolavori: Tex Willer, Diabolik, Cattivik, Dylan Dog, Martin Mystere, Rat Man, La Pimpa e così via. 

L’evoluzione del genere del fumetto ha conosciuto i suoi momenti di gloria, ma anche i condizionamenti del potere politico. Pensiamo a Dick Fulmine, personaggio nato dalle matite di Vincenzo Baggioli e Carlo Cossio: i due disegnatori, per ideare il loro oggetto di rappresentazione, si ispirarono non solo a Primo Carnera, un pugile italo-americano, ma soprattutto al Duce: pubblicate sulla collana “L’Audace”, le storie di Dick Fulmine avevano come obiettivo la risoluzione dei crimini compiuti da personaggi stigmatizzati: Zambo era, ad esempio, un criminale cubano; la “Pantera Gialla” era lo pseudonimo per indicare un mafioso cinese; e, “dulcis” in fundo, Abramo Levi era un criminale ebreo dai tratti che ricordavano Alfie Solomons della serie televisiva “Peaky Blinders”, creata da Steven Knight e ambientata a Birmingham, dopo la prima guerra mondiale.

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